Le città pugliesi e l’annalistica di età normanna
La tipologia delle fonti annalistiche meridionali
«Almeno in teoria […] », scriveva Arnaldi, «lo scrittore medievale di storia, nel momento di mettersi al lavoro, aveva davanti a sé tre diverse opzioni: redigere degli annali, oppure una cronaca oppure una storia» , con la differenza che mentre la «storia» e la «cronaca» rimandavano certamente al modello di storia universale elaborato da Eusebio di Cesarea (265-339), la tradizione annalistica dell’Europa medievale rimontava al più ai secoli VII o VIII.
Nella sua forma primitiva, il genere nacque dalla fusione di tradizioni continentali e celtico-anglosassoni, ai lati di un testo a scopo liturgico, le tavole pasquali, corredato da annotazioni marginali o interlineari di natura storica.
Secondo McCormick, buona parte degli annali altomedievali si sviluppò progressivamente dalle brevi notazioni segnate in margine alle tavole che indicavano la data della Pasqua. Elaborato a Roma da Dionigi il Piccolo nel 525, il sistema dionisiano per il computo pasquale, fu adottato in Inghilterra nel sinodo di Whitby del 664. Il monaco Dionigi aveva assunto come riferimento assoluto l’anno della nascita di Cristo, che per lui coincideva con l’anno 754 dalla fondazione di Roma: in riferimento ad esso calcolò il ciclo pasquale fino al 626. Beda riprese questo lavoro, procedendo fino al 1063. L’evangelizzazione del continente ad opera dei missionari anglo-sassoni dell’VIII secolo finì per garantire il trionfo di questo sistema. Non era raro, infatti, che queste tabulae circolassero, al seguito dei monaci evangelizzatori, di monastero in monastero al fine di facilitarne la trascrizione e la loro diffusione. Le annotazioni di carattere storico, di volta in volta, benchè non fossero pertinenti rispetto all’uso delle tavole, venivano ricopiate insieme al resto finchè non si stabilì di registrarle a parte. Queste trascrizioni sono